LA STRADA ROMANA

 

 

Per vari secoli la civiltà romana non ebbe una sua espressione d’arte. Le prime affermazioni di un linguaggio che può definirsi romano, si manifestano quando già Roma è all’apice dello sviluppo politico ed economico.
Nei primi cinque secoli di storia, Roma si afferma come potenza militare, si dà degli aggiornamenti politici e sociali, istituisce il culto religioso, ma non produce opere d’arte. Per le costruzioni e le decorazioni  delle opere pubbliche,  i Romani, si avvalsero di architetti ed artisti etruschi o greco-italici, per quanto invece riguarda le sculture, di scultori italici, ai quali ordinarono i primi busti o le statue onorarie di cittadini illustri.
Successivamente cominciarono ad ornare i templi con sculture e statue che prendevano dai territori conquistati, usandoli come trofei, ma la cosa  più  grandiosa ed imponente in cui manifestarono la loro  lungimiranza, fu la costruzione delle strade, che divenne indispensabile, per collegare Roma con le altre città del mondo, al fine di favorire lo sviluppo economico-politico e sociale e, farla diventare “Caput mundi”.
I Romani furono eccellenti costruttori di opere pubbliche, tra cui ponti, gallerie e strade e quanto di più inimmaginabile, troviamo ai nostri giorni ci porta alla storia Romana, anche se molte opere, sono state cancellate dall’inesorabile spugna del tempo, e dalla mano dell’uomo con la cementificazione…

 

Scavando infatti, per nuove costruzioni vengono fuori reperti archeologici, risalenti all’era Romana.
La loro colonizzazione, principalmente militare, creò una rete di collegamento tra Roma e le altre città del mondo, rendendo necessaria la costruzione di strade  che potessero collegare le varie città, favorendo così oltre lo sviluppo politico, anche quello commerciale, non a caso il detto TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA”, e facendola diventare il centro dell’impero romano.
I nomi delle strade più antiche ricordano o il commercio per cui venivano utilizzate, quali la Via Salaria, per il trasporto del sale, o  popoli e città di origine remota (Via Latina, Via Prenestina, Via Nomentana.
Successivamente acquisiscono il nome del Magistrato o Console che governa,  e ne agevola la costruzione tanto da essere denominate   “CONSOLARI”,   la cui costruzione fu innanzitutto spontanea, ma in seguito, poiché permetteva all’esercito di spostarsi  nel minor tempo possibile, si rese indispensabile, e si cominciarono a costruire strade, ove fosse necessario.
Tutto questo, è la prova evidente dello sviluppo di Roma, non tanto per l’invenzione in se stessa, ma per l’importanza e l’uso che la strada aveva presso i Capitolini.
Fino al 700 l’Europa non conosceva altro sistema viario, più efficiente di quello Romano, che agevolò l’estensione dell’Impero anche oltre oceano, infatti all’inizio del IV secolo, la costruzione delle strade romane fu diretta verso terre lontane, ( esempio  la

 

Via Appia, cominciata nel 312 a.C. da Appio Claudio, per aprire i confini verso la Magna Grecia, nel contesto  delle guerre sannitiche).  
Le grandi strade militari sono le vestigia più durevoli della potenza romana.
I Romani, costruivano e dividevano le strade secondo la necessità, il loro utilizzo, erano progettate per durare a lungo ed evitare eventuali riparazioni.
Se ne trovano in tutta Europa, in alcuni paesi  ci si serve ancora delle antiche strade romane, o si utilizzano i loro tracciati sterrati per costruirne delle nuove; si trovano strade romane attraverso ponti, paludi e gallerie.
Nel momento più florido dell’Impero Romano potevano contarsi 80.000 Km. di strada, ripartite in 29 strade, che partendo da Roma giungevano in tutta Italia, ed altre ancora nel territorio dell’Impero che abbracciava dalla Birmania alla Mesopotamia, dalle Colonne d’Ercole al Mar Caspio.
Le strade pavimentate cominciarono con la storia di Roma, le Leggi delle Dodici Tavole datate attorno al 450 a.C., specificano la  larghezza della strada, ne indicano  la costruzione di nuove ed il libero passaggio su terre private, ove le strade pubbliche fossero inagibili. Per questo motivo la costruzione di strade, al tempo dei Romani,  fu concepita per evitare riparazioni e quindi l’interruzione.
Tali tavole definivano il diritto di usare la strada come servitus ( da cui il termine  giuridico di servitù). Lo jus  eundi (diritto di andare) stabiliva che potesse essere usato un iter attraverso terre private; lo jus agendi  ( diritto di guidare), che si usasse un actus,
o via carrabile.

Una strada che si rispettasse doveva possedere  i due tipi di servitù, doveva rispettare le
misure standard, (latitudo legittima) di 8 piedi, che veniva controllata da un arbiter.
Da ciò può desumersi che già ai tempi dei Romani, il Diritto Pubblico, prevaleva su quello privato,  e caratterizzò l’ordinamento repubblicano.    
Con la conquista dell’Italia da parte dei Romani, le  strade pavimentate, furono estese anche alle città più lontane, percorrendo a volte il tracciato già esistente.
Cerchiamo adesso di ricostruire le varie fasi di costruzione di una strada romana.
Si ritiene che i Romani abbiano ereditato dagli Etruschi, l’arte di costruire le strade.
Dopo un primo sopralluogo, sul territorio in cui doveva nascere la strada,effettuato dall’ingegnere romano chiamato ARCHITECTUS,  insieme al geometra (MENSOR) ed al livellatore (LIBRATOR), stabilivano il punto preciso  in cui sarebbe sorta la strada, ed usando dei pali e la GROMA, formavano degli angoli retti sul terreno, e stabilivano una linea diritta  chiamata rigor.
L’architetto cercava di mantenere diritta la traiettoria della strada spostando i pali, e poi con  la groma, il geometra tracciava una griglia sul terreno; l’ultimo intervento era quello dei LIBRATORES, che con gli aratri  e l’aiuto dei legionari scavavano il terreno, la cui profondità era variabile a seconda del suolo.
Si iniziava a scavare la TRINCEA o STATUMEN, profonda circa 60 cm e la si riempiva a strati.
Il primo strato di  riempimento consisteva in pietre, sassi e brecciolina, e quando si trovava in zona veniva usata anche la sabbia, a circa 60 cm dalla superficie la fossa

veniva coperta con la brecciolina e poi compattata, in latino PAVIRE o PAVIMENTARE, la superficie veniva chiamata PAVIMENTUM, o STATUMEN e poteva già essere utilizzata come strada.  Il  secondo strato  grezzo il RUDUS, fatto di pietre, mattoni e sabbia impastati con la calce; un terzo il NUCLEUS, ricoperto di pietrisco e ghisa, infine si procedeva con una copertura “SUMMUM DORSUM”, o “SUMMA CRUSTA” di lastre levigate, o poligoni di lastricato, attaccati l’uno all’altro con il cemento bianco, in modo da non potersi più muovere.
Per lastricare i massi si usava la pietra lavica, ma a volte per risparmiare e secondo   l’utilizzo della strada, si usava anche la pietra arenaria o calcarea anche perché reperibile sul luogo.
Tutto questo rivestimento serviva a filtrare l’acqua ed evitare che sulla strada si formasse del fango.
Se possiamo usare questo termine, vi erano strade primarie e secondarie, le prime larghe e complete, dove passavano anche i carri da guerra, le seconde ricoperte solamente in terra battuta, di solito utilizzate per il passaggio dei cavalli.
Erano strade larghissime, raggiungevano gli otto metri di larghezza, per permettere il passaggio di due carri contemporaneamente, e se vi era ancora spazio venivano costruiti i marciapiedi.   
La parte centrale era convessa, per permettere il deflusso delle acque, ai lati verso le canalette.

 

Un’altra caratteristica invenzione dei Romani, sempre inerente le strade,  ancora presente ai nostri giorni, fu la Pietra Miliare, (miliarum) mille passi, o meglio conosciuta come CIPPO MILIARE, che segnava la distanza da un punto di partenza ad un punto di arrivo delle strade.
Era una colonna circolare in pietra,  con forma rettangolare alla base,   infissa nel terreno per 60 cm. circa, alta 1,50 m., 50 cm di diametro, e dal peso di circa due tonnellate, alla cui base era scritto il numero del miglio, della strada su cui si trovava.
All’altezza dello sguardo, era segnata la distanza tra il luogo dove si trovava e il Foro Romano, ed eventuali nomi di chi l’aveva riparata.
Le pietre miliari sono documenti storici molto importanti e le loro iscrizioni sono raccolte nel XVII Volume del “CORPUS ISCRIPTIONUM LATINARUM”.
Poiché i Romani avevano innato il senso della standardizzazione, Augusto, appena divenuto Commissario Permanente  alle Strade,  nell’anno 20 a.C., piazzò il MILIARUM AUREUM, nel Foro di Roma accanto al tempio di Saturno, che diventò punto di partenza di tutte le strade di Roma  e su di esso venne riportato l’elenco delle più grandi città dell’impero e la loro distanza da Roma, in seguito Costantino lo chiamò “UMBILICUS ROMAE”.
 Le legioni in marcia, non avevano bisogno di un punto di sosta poiché portava con  se tutto il necessario in un convoglio di bagagli chiamato IMPEDIMENTUM, e costruivano il proprio campo (CASTRUM), ogni sera a bordo della strada; ma per i viaggiatori giornalieri e i dignitari, non avendo appresso una propria legione, furono

create le   MANSIONES, ville distanziate l’una dall’altra circa 18 miglia, in cui vi era la possibilità trovare riposo per la notte, consegnando i passaporti, come riconoscimento.
Per i nobili, invece, poiché i proprietari delle case, che si trovavano lungo il tragitto della legione, avevano l’obbligo “ ope legis”,  di mettere a disposizione le proprie abitazioni, da ciò nacque il termine “TABERNAE”, che non significava taverna, ma ostello.
Un altro tipo di stazione di servizio che funzionava par veicoli ed animali era la MUTATIONES ( stazione di cambio), ove si potevano comprare i servizi di carrettieri, maniscalchi e veterinari specializzati per i cavalli,( EQUARII MEDICI).
Gli architetti romani furono abili risolutori dei problemi che incontravano nel loro  cammino.
Quando per la costruzione della strada, nel tracciato incontravano  i fiumi, costruivano dei ponti pur di non devastare il paesaggio, per cui divennero con le varie esperienze acquisite i primi maestri e progettisti di tali opere tanto da essere chiamati per consulenze dagli altri popoli.
I ponti venivano costruiti in legno o in pietra secondo la necessità tenendo conto anche delle risorse economiche a loro disposizione; quelli in legno venivano fissati su piloni infissi nel letto del fiume o usando dei basamenti in pietra.
Il ponte interamente in pietra, invece, richiedeva la costruzione ad arcate, tecnica che i Romani conoscevano, in quanto ereditata dagli Etruschi, ed erano così resistenti e ben costruiti che ancora oggi, molti sono percorribili.

 

Nei terreni paludosi costruivano strade rialzate: segnavano il tracciato con i piloni, poi lo si riempiva con grosse pietre, alzando il livello stradale, fino a due metri sopra la palude.
Questo avveniva principalmente in Italia, nella restante parte dell’Impero si costruivano i cosiddetti PONTES LONGI (lunghi ponti), fatti con tronchi d’albero.
Nel caso di grossi intralci nel percorso ( dirupi, sbancamenti), si costruivano gallerie scavate a mano, quale la GALLERIA che supera LA GOLA DEL FURLO, vicino Fano,  oggi attraversata da una strada statale.
I finanziamenti inerenti  la costruzione delle strade romane, erano stabiliti da responsabilità governativa, mentre per quanto concerne la loro manutenzione era generalmente affidata alla Provincia.
Vi erano i CURATORES VIARUM, gli odierni curatori, che avevano l’obbligo di raccogliere i soldi o da privati cittadini che avevano interesse alla costruzione della strada, o attraverso donazioni da parte di pubblici personaggi, mentre i censori , che avevano autorità sui lavori  e sulla morale pubblica, erano tenuti a finanziare le riparazioni “SUA PECUNIA”, di propria tasca, oltre naturalmente le entrate dal pagamento delle tasse.

 

 

 

La grandezza delle strade romane, poteva lasciar presagire che il pedaggio fosse gratis, cosa non vera, anzi per il pedaggio sui ponti la cifra era molto alta, veniva riscossa alle porte della città, cosa che fece aumentare i costi del trasporto, aggravati anche dalle tasse di esportazione ed importazione; basti pensare che a questi costi dovevano aggiungersi anche le spese di trasporto e  di servizio.
Da quanto descritto sopra, si può dedurre che i nostri antenati sono stati precursori dei nostri tempi, con una differenza molto importante: tracce di  opere antiche, sono ancora tangibili ai nostri giorni, mentre le opere moderne, non appena concluse hanno bisogno di manutenzione.